Psicodinamica del Sé nelle relazioni interpersonali Ricerca, patologia, intervento, a cura di Irene Battaglini

Recensione di Maria Assunta Parsani

9788854851979

In questo volume sono raccolti i contributi, tratti dalle relazioni degli italiani che hanno partecipato al 16° Congresso Internazionale della World Association for Dynamic Psychiatry, congiuntamente al 19° Simposio Internazionale della Deutschen Akademie fur Psychoanalyse presso l’Ospedale psichiatrico della Ludwig-Maximilians-Universitat a Monaco dal 21 al 25 marzo 2011. 

Ne è scaturita una linea di pensiero frutto di orientamenti terapeutici e teorici diversi quali quello psicoanalitico e cognitivo, psicofisiologico e neuropsicologico, fino alla psicologia analitica attraverso l’espressione di un linguaggio immaginale della Firenze del ‘300, che è andata a comporre un’immagine del Sé variegata e poliedrica, ma soprattutto una espressione della formazione dell’identità individuale data dall’ ”Essere” in movimento nell’universo della psiche.

Si delinea ad apertura della raccolta, nell’intervento di ALFREDO ANANIA, la ricerca dell’identità culturale legata al Sé storico, all’inconscio collettivo contemporaneo, al senso della Polis e allo spirito loci, che rintraccia le origini del Sé individuale non solo nell’origine psico-ontogenetica, dalle sue matrici relazionali, ma anche psico-filogenetica derivante dalle matrici culturali che sono inconsciamente presenti in tutte le persone. La trasmissioni culturale delle proprie produzioni simboliche consente, attraverso l’impulso alla libera interpretazione, di trascendere la realtà materiale ed essere investita dal senso oscuro, ma universalmente significativo, che ci conduce alla ideazione di modelli di ricerca originali e all’incontro e allo studio reciproco tra diverse appartenenze culturali. L’inconscio si configura come una macchina del tempo che, ogni volta dà luogo a un qualcosa di nuovo, mai ripetitivo.

Proprio attraverso l’utilizzo della macchina del tempo IRENE BATTAGLINI ed EZIO BENELLI, tracciano le linee guida dell’esperienza del Sé attraverso il pensiero immaginale, focalizzando il tema centrale dell’ermeneutica delle immagini sulla soggettività che richiama alla centralità autonoma del Sé nel linguaggio dell’arte, in un moto dialettico con il Sé di chi fruisce. La soggettività all’interno dell’intersoggettività diviene un luogo non concluso tra due soggettività e a esse solo appartiene, come la fiamma blu – nera, descritta da Hillman, attira le cose e le consuma, mentre il biancore continua a fiammeggiare al di sopra. Da ciò scaturiscono la relazione profonda e il contatto ctonio con il mondo e il legame con il numinoso, l’opus alchemico che mira all’integrazione, per giungere alla realizzazione del Sé che si manifesta nella meta ideale del percorso ideativo. Il processo circolare di relazione che va dal tutto alle parti e viceversa, conduce a un continuo scambio tra le cose che modificano il complesso del sapere. Si traccia attraverso il pensiero di Jung, la declinazione numinosa del Sé e diviene guida sulle interrogazioni rivolte alle prime immagini che hanno ispirato Giotto di Bondone e Dante Alighieri con la codifica di linguaggi generativi di storia e di civiltà. Gli autori individuano nella ricerca, un viaggio verso gli inferi che deve prevedere sia una mappa, sia un’ipotesi di ritorno e di salvezza. La mente immaginale determina un confronto ed anche una sovrapposizione tra l’immagine originale e la risultante del lavoro immaginale, per cui ne deriva non solo la formazione di un nuovo mosaico, ma molto più probabilmente la ricostruzione di un mosaico danneggiato, che attraverso uno sguardo affinato reca alla luce frammenti dispersi e nascosti. Scaturisce da queste riflessioni il perché della Psicologia e dell’arte insieme. L’arte come strumento per una più diretta connessione con ciò che non conosciamo a livello razionale, in cui si fa spazio la domanda di come l’ermeneutica del mondo immaginale possa essere d’aiuto alla comprensione dell’opera d’arte. Gli autori, seguendo Hillman nella sua apertura al mondo immaginale, tracciano il legame con Firenze e l’Italia, la nascita della prima conferenza di Eranos, il primo commento della favola di Amore e Psiche, in cui la tensione genera una psicologia dell’arte che diventa parola dell’anima. Lo studio psicologico è l’umile tramite tra il mondo interno dell’analizzando e il mondo interno del mondo. E all’anima è assegnata la funzione di “intermedio” di tutte le cose, senza essere né corporea né visibile, essa è dominatrice dei corpi.

Ricorrendo ancora all’arte e alle sue possibilità esplicative, VITTORIO BIOTTI individua nella Trilogia di Bion un progetto teatrale che richiede un confronto sui grandi temi dell’individualità, la sua formazione, le sue dinamiche, cercando risposte nei grandi lavori del periodo classico e nel contrappunto del periodo americano. In Bion, citando F. Di Paola, si ritrova la necessità e l’anticipazione della necessità di porsi di fronte ad una nuova nascita.             

Attraverso l’analisi delle varie teorie ad approccio biologico, evoluzionistico, psicosociale, cognitivo DAVIDE DETTORE evidenzia come alla costituzione dell’identità di genere contribuiscano sia i fattori biologici, ma anche le componenti sociali, culturali e cognitive. Questi fattori insieme concorrono a strutturare un complesso di elementi schematici che sono alla base del concetto di identità di genere, non necessariamente  limitato alle categorie dicotomiche di maschio e femmina. Emerge ancora una volta prepotente il Sistema del Sé, nel modello evolutivo concettualizzato nell’ottica cognitivista di Doorn e coll. in cui i concetti di identità di genere sarebbero compresi e più validamente comprensibili. Secondo tale impostazione, il Sé può essere considerato come un sistema cognitivo di controllo composto da un sistema dominante  (“master self”) che si mantiene in relazione e in comunicazione con una serie di sottosistemi subordinati, operanti ciascuno in parallelo rispetto agli altri e quindi autonomi, indipendenti e influenzati dal sistema del Sé che a sua volta li influenza. L’espressione dell’identità di genere di un individuo sarebbe in stretta connessione con la predominanza dell’uno o dell’altro sistema, ma anche con l’intensità, con la frequenza e con le occasioni in cui l’uno o l’altro si esprime. Si costituisce una visione del Sé relazionale, multiplo e discontinuo, organizzato differentemente dalla versione del Sé dominate. Il complesso modello è paragonato dall’autore alla teoria di Liben e Bigler, evidenziando le differenze individuali strettamente connesse al “modello di vita personale” e alla storia dell’individuo, nella costituzione dello specifico dell’identità di genere che amplia lo stereotipo culturale.

Partendo dalla considerazione che la psicoterapia rappresenta un trattamento di prima scelta per i disturbi mentali gravi, inclusi i disturbi di personalità, ROBERTO DI RUBBO, ELENA SOGARO e SEFANO PALLANTI presentano un case report relativo alla Psicoterapia psicodinamica Comunicativa Evolutiva di Gruppo (PPCE-G) in cui viene illustrato il Modello Comunicativo Evolutivo, basato sulla teoria della complessità per la terapia di pazienti con disturbo mentale grave in un setting ambulatoriale. La Psicoterapia illustrata mantiene al centro dell’impostazione le libere associazioni e le dinamiche mentali inconsce, mentre i terapeuti focalizzano l’attenzione su tutti i processi connessi con l’esperienza delle difficoltà nelle relazioni e nelle patologie di personalità del paziente. Nell’analisi dell’iter terapeutico si evidenzia come il cambiamento dei sintomi sia strettamente legato ai cambiamenti del senso dell’identità personale e delle dinamiche interpersonali dell’identità, ponendo l’accento sulla funzione della struttura inconscia della “Frontiera Personale” che deriva dall’acquisizione dei principi relazionali di organizzazione più adattivi. Quest’ultima essendo inconscia cattura l’attenzione del terapeuta, il quale a sua volta si esprime attraverso un comportamento inconscio e l’approccio comunicativo evolutivo stimola il terapeuta a prestare attenzione alla narrazione dei pazienti e a rimanere nella posizione di Condizione Necessaria e non usurpare la posizione dei protagonisti. Ciò stimola la creazione di compliance. Il PPCE-G sembra fornire nel feed back interpersonale benefici sia per l’alleanza terapeutica sia per il senso d’identità personale.

MARIA FEDI sceglie, invece, di seguire il percorso degli eroi Edipo e Ulisse, nei quali s’intravede la ricerca del Sé che ci appartiene perché, afferma Freud: ” Deve esistere nel nostro intimo una voce pronta a riconoscere la forza coattiva del destino di Edipo ”e attraverso un parallelismo che conduce tramite il mito all’archetipo e alla forza dell’anima disvela, come nelle parole di Hillman la nostra psicologia del profondo in vesti antiche. Nel viaggio psicoanalitico, attraverso il metodo l’uomo si rivela, racconta la propria storia e attraverso l’incontro con l’anima e nel fare anima consente al molteplice di divenire materia psichica, di entrare nell’universo personale dove è possibile la formazione del simbolo. L’incontro con l’anima, afferma l’autrice, come avvenne per gli antichi eroi, ci guida alla scoperta di una dimensione interiore, riconoscendo la storia dei molti e dei molti nella nostra storia.

Come in un’oasi poetica che tanto si addice al fare anima, ANDREA GALGANO, traccia alcune linee del divenire nella poesia di Eugenio Montale: la morte della sorella Marianna, l’incontro con Anna degli Uberti e successivamente a Firenze Drusilla Tanzi che diverrà sua moglie. In queste figure femminili descritte nei versi del poeta, l’autore ravvisa la luminosità della memoria, il suo riflesso nel tempo. E ancora, dopo l’incontro con Irma Brandeis il divenire prigioniero del complesso di Edipo, rende il poeta “vile e contraddittorio”, mentre nei versi a lei dedicati trasluce la miracolosità dell’istante e sulle tracce del mito Ovidiano si intravede la figura di Clizia, la quale persa la speranza di poter riconquistare l’amore si trasformò in girasole. Fino a giungere all’incontro con Maria Luisa Spaziani, anch’essa sua ispiratrice che conduce Montale a vivere nel limbo di ciò che è a-sessuato, nella paura del vissuto. L’amore platonico che contraddistingue il rapporto del poeta con Laura Papi connota la stagione di buio di un individuo, che afferma l’autore, non si innesta nel vivere. Si dipingono così la ricerca dell’eros nell’eterno femminino e l’impossibilità di sublimarlo.             

Di eros si occupa anche LINA ISARDI, partendo dalle origini della sessuologia, con i suoi autori, fino alla storia più recente in cui la salute sessuale è vista come un’integrazione di aspetti somatici, intellettivi, motivazionali e sociali. Il formarsi dell’”identità sessuale”, costrutto multidimensionale composto dal sesso biologico, dall’identità di genere, dal ruolo di genere e dall’orientamento sessuale è un processo nel quale il sesso biologico, i valori culturali e quelli personali annessi alla sessualità influenzano la percezione di sé e i comportamenti del bambino, che come individuo prende coscienza della propria identità sessuale tra i diciotto mesi e i tre anni. L’autrice evidenzia la sessualità come elemento fondamentale della vita i cui disturbi coinvolgono tre aspetti: l’atto sessuale, l’identità che ci riconosciamo, le nostre fantasie sessuali e il viverla in modo soddisfacente è essenziale per mantenere una buona salute mentale. I disturbi sessuali sono fonte di sofferenza, ma esiste la possibilità di curarli. L’autrice presenta un caso clinico che partendo da un presunto conflitto d’identità risulta essere, dopo il trattamento, ansia da prestazione e si risolve positivamente.

La tesi centrale di ANNA MARIA LOIACONO tende a sottrarre il concetto di personalità “come se” alla psicopatologia, nell’ambito della quale H. Deutsch lo sviluppa, portandolo nell’ambito della normalità e sulla scia concettualmente di Paul Roazen, arriva nel cuore del lavoro analitico. Ivi scorge analisti esperti spesso portatori di valori conformisti e si domanda: “In che misura il conformismo psicoanalitico è “il come sé” collettivo del nostro mestiere?” Non possedendo una risposta, sulle orme di Fromm, dichiara che pur non sapendo cosa fare ha molte certezze su quello che la nostra storia ci ha insegnato a non fare, per non riprodurre storie senza memoria.

VOLFANGO LUSETTI esamina l’uomo e l’utilizzo di tre forze fondamentali: la nutrizione-predazione, la socialità- comunicazione e infine la riproduzione di tipo sessuato. La predazione è neutralizzata dapprima dalla sessualità e poi dalla socialità e sembra svolgere un ruolo di motore sociale. Tre aspetti sono individuati circa le radici biologiche della violenza umana: il primo tema riguarda il conflitto morale e insanabile, che sembra intercorrere tra le generazioni e in particolare tra padri e figli. Un secondo tema sulla radice della violenza è quello inerente alla natura degli strumenti antipredatori (la sessualità perenne e i codici simbolici di base). Il terzo tema ha per oggetto il fallimento degli strumenti antipredatori che come un campanello d’allarme, afferma l’autore, richiama l’attenzione all’albero della vita da cui proveniamo, cioè alle radici del male cannibalico-predatorio che ci tormenta perché proprio esso è ciò che ha formato la nostra vita.

L’analisi della costruzione della realtà, a partire da William James, per proseguire con C.H. Cooley, G.H. Mead, fino a Fromm è analizzata da CATERINA MARTELLI E LORENZA TOSARELLI, sottolineando in quest’ultimo la convergenza tra il sociale e lo psicologico, descrivendone le interazioni che sono alla base della costruzione della personalità. Passando da Matte Blanco e il suo inconscio strutturale, fino all’inconscio implicito, agente attivo nella formazione dell’Identità, si delinea la presenza di strutture inconsce nella nostra mente non conciliabili, ma responsabili della vita emotiva. La psicoterapia, affermano le autrici, è in grado di modificare il substrato neurobiologico e attraverso interrogativi, quale la modalità di contattare l’inconscio implicito e il ruolo del Corpo nel processo di cura, cercano nella modalità terapeutica l’essenza della conoscenza implicita, dirigendo la loro attenzione sull’Expression Primitive, che propone una semplicità espressiva in relazione con l’altro. Si apre in tal modo uno spazio vitale dell’Identità, non bloccato dall’angoscia e dai sentimenti di disregolazione, che consente una maggiore espressione di Sé.

GIOVANNA NICASO, esamina la problematica concernente, i pazienti affetti da DP e in particolare evidenzia la prevalenza di DBP nelle persone giovani e la dis-regolazione emotiva che produrrebbe le difficoltà manifestate nel funzionamento interpersonale e nello sviluppo di uno stabile senso di sé. In quest’ambito di osservazione clinica riporta l’esperienza di ricerca-azione nell’ambito dell’ASL di Grosseto, che ha proposto la realizzazione di un gruppo di supervisione sistematica dei casi clinici in trattamento esaminando venticinque casi di DBP, di cui tre casi sono stati dei drop-out, tre casi hanno avuto un esito negativo, non ci sono stati casi di suicidio. In conclusione i 4/5 dei risultati del campione non sono ritenuti disprezzabile  e ciò apre le porte alla speranza di poter realizzare l’estensione del modello ad altri  soggetti in trattamento.

Con un taglio decisamente spirituale IRENE NOTARBARTOLO, richiama l’esigenza di approfondire una nuova dimensione nelle relazioni interpersonali vissute dall’uomo nel formarsi dell’identità. Considera la dimensione spirituale altrettanto sostanziale rispetto ad altre quali quelle corporee, fisiche e mentali, rilevando come la psiconeuroendocrinologia (PNEI), abbia recentemente rivolto a tale dimensione la sua attenzione e nel parallelismo con il network evidenzi nel sistema uomo la possibilità di azione terapeutica tramite tecniche spirituali.  L’autrice integra il pensiero di Fromm indicando come più proficuo un modello di uomo in quattro dimensioni (corporea, psichica, intellettiva e infine spirituale), attraverso di esso sarebbe infatti possibile una migliore comprensione delle relazioni, che spesso frenata da interpretazioni riduttive attua una vera e propria “fuga dalla libertà” del pensiero contemporaneo.

GIUSEPPE ROMBOLA’ CORSINI e ALESSIO BARABUFFI pongono l’accento sula necessità che lo psicologo dello sport non debba necessariamente essere uno psicoanalista, bensì un esperto in psicologia dinamica. Attraverso l’analisi della domanda, gli autori evidenziano la richiesta iniziale di un intervento focale dettato dall’esigenza dello sportivo di ottenere una produttività immediata, che talvolta muta in richiesta d’intervento analitico, tramite cui emerge il formarsi della pratica dello sport come forma privilegiata del manifestarsi del mondo interno. Queste osservazioni sono utilizzate al fine di ricostruire la storia e l’elaborazione dell’agire sportivo collettivo, rintracciando in esso l’elaborazione del conflitto psichico a partire dalle origini mitico-rituali e sacro-sacrificali. L’evoluzione di questo passaggio è tracciata dall’esperienza traumatica originaria sublimata nello sport, in cui gli oggetti-meta delle pulsioni aggressive, sono sostituiti con oggetti-meta socialmente accettati e di conseguenza conducendo all’elaborazione del trauma. Mentre l’aggressivo cerca la vendetta rispetto al proprio passato insoddisfacente, il combattente lotta per il futuro e il vero sportivo allontana l’aggressività volendo essere un combattente. Percorrendo un lungo tragitto, l’atleta neutralizza, tramite le regole, gli impulsi aggressivi e giunge attraverso un processo dinamico a una sublimazione che si plasma nell’interazione con l’ambiente. Si esalta l’importanza dello sport per l’elaborazione del conflitto psichico mettendo in luce il valore delle conoscenze di psicologia dinamica per chi opera all’interno di questo contesto.    

Il caso clinico presentato da DANIELA ROSSETTI esamina il percorso compiuto da una donna, che dopo aver perso, la madre attraversa una fase di congelamento e di coartazione affettiva. Lo scongelamento che nel processo terapeutico avviene, consente la ripresa di un cammino alla ricerca della propria identità personale. Partendo dalla premessa che non è possibile in  alcun  modo cambiare il nostro passato, l’autrice ci indica la strada compiuta per un cambiamento di noi stessi, per “riparare i guasti” e riacquisire la nostra integrità perduta. Con lo sguardo che conduce alla conoscenza ravvicinata del nostro passato memorizzato nel nostro corpo, avviene l’accostamento alla coscienza. Al fine di avviare la trasformazione che muta le vittime inconsapevoli in individui responsabili e la conoscenza della propria storia guida alla convivenza con essa.

L’importanza del nesso tra emozione e memoria è evidenziata da MARIA PIA VIGGIANO, TESSA MARZI e STEFANIA RIGHI. Attraverso una migliore comprensione dei fenomeni che legano le emozioni ai processi di codifica della memoria, le autrici evidenziano la possibilità di una miglior comprensione di disturbi quali l’ansia, la depressione, e il disturbo post traumatico da stress, in cui un’eccessiva sensibilità dell’amigdala crea uno squilibrio nella regolazione  delle emozioni. Il lavoro approfondisce la definizione a livello temporale dei processi sottostanti al riconoscimento di un volto che durate la fase di codifica della memoria, manifesta una determinata emozione. L’interazione tra emozione, percezione e memoria è sottolineata al fine di porre in risalto quando le emozioni rese manifeste dalle espressioni hanno un ruolo chiave nei processi cognitivi, per giungere alla comprensione dell’esatto decorso del processo temporale utilizzato dai processi di codifica delle emozioni e alle implicazioni nell’ambito della sfera emozionale affettiva. L’utilizzo della tecnica degli ERP pone in risalto in che misura il processo di memoria possa essere influenzato dall’emotività espressa dal volto ed esamina come la particolare espressione emotiva influenza i processi di recupero, a partire dagli stati più precoci dell’elaborazione, nella ricerca che alcuni stimoli hanno nell’adattamento all’ambiente. I volti che esprimono paura elicitano risposte elettrofisiologiche più ampie e più rapide. Il significato funzionale di questa differenza potrebbe essere rintracciato, secondo le autrici, nel fatto che una situazione di pericolo richiede una risposta più immediata.

Come afferma Irene Battaglini: ”La posizione centrale del Sé in tutta la psicologia trova in questo volume lo spazio per un respiro ampio che intende sfiorare il tempo di un Umanesimo mai estinto”.

Maria Assunta Parsani

AA.VV. Psicodinamica   del  Sé nelle  relazioni  interpersonali

Ricerca, patologia, intervento

Atti del XVI Congresso mondiale di Psichiatria Dinamica (Monaco di Baviera, 21-25 marzo 2011)

A cura di Irene Battaglini, Aracne, Roma 2012.