di Adriana Gloria Marigo 16 gennaio 2015
leggi in pdf L’intuizione ardente, l’affinamento critico: “Di là delle siepi”, Andrea Galgano
Nell’accingermi alla lettura di un saggio dedico l’iniziale attenzione all’indice bibliografico, poiché da quel primo avvicinamento scaturisce la percezione di trovarmi davanti al richiamo coinvolgente della materia critica in questione o al suo sfioramento: non è una questione di mera suggestione, ma la deduzione della consistenza del lavoro di ricerca, organizzazione e infine argomentazione dell’autore.
Secondo questo criterio mi sono immessa in Di là delle siepi di Andrea Galgano con la visione di un corpo critico di pregevole rigore, sostenuto da una tensione conoscitiva ed ermeneutica favorevole perché informata alla passione dell’autore per la discesa entro la dynamis che governa la produzione dei due poeti, all’intuizione ardente dei più intimi connotati della loro ragione immaginale e all’affinamento critico che si avvale di notevole studio: in particolare di una modalità che, padroneggiando gli elementi indispensabili alla critica classica e la sicurezza di un alfabeto psicoanalitico che consente di individuare i meccanismi e i processi psichici sottesi agli eventi creativi entro la scrittura e che affondano nella densità della vita, nelle frantumazioni del sentimento, nello spasmo del riconoscimento del nulla o della ricostruzione di una età possibile solo di ricordanza, costituisce le fondamenta dell’ analisi di Galgano.
Questo particolare sguardo vigile e dedicato – attenzione che è sì filologica, ma non strettamente tale perché attraversata dal sensibile intelletto per la poesia (ricordiamo che Andrea Galgano è visitato dal daimon del verso) – alla materia complessa, vasta, inesauribile di visitazione di Leopardi e Pascoli, permette al critico di considerare i due grandi poeti in una dimensione non di separatezza, ma di “rimandi” in quanto, nelle differenze inevitabili e salienti, emergono certi elementi che accomunano e vengono declinati con tonalità chiaroscurali tali da connotare con precisione le loro poetiche – da una parte – e individuare le affinità – dall’altra – per poter scrivere della loro comunanza: “ … sia Leopardi sia Pascoli costruiscono una vera e propria teoria della visione” 1.
Questa dichiarazione è una delle istanze da cui muove il lavoro critico di Galgano e che presto si dimostra un vero percorso di “ars inveniendi”, quasi applicazione del pensiero leibniziano nelle parti funzionali al testo letterario di grande espansione lirica: sulle conoscenze acquisite dalla grande mole critica che investe Leopardi e Pascoli, il poeta-critico innesta la logica della scoperta di verità nuove mediante l’indagine delle corrispondenze (le “correspondances” di cui scrive Irene Battaglini in Preludio, pag. 19) che si traducono nei temi reali (spazio geografico, spazio siderale, corpi celesti, paesaggio naturale,…), nei temi psicologici (memoria, ricordo, “sguardo vedovo”, vago, infinito, “nido”…), in quelli universali (amore, vita, morte, felicità, illusione…) consentendo l’affioramento delle differenze che – come nello sviluppo di un principio d’individuazione – colloca ciascun poeta nel posto privilegiato in ragione della propria specifica coscienza, affettività, intelligenza spirituale, della personale frequentazione della materia di eccellenze che precedono e attengono – anche qui in un clima di corrispondenze – all’opera individuale, della conseguente irradiazione in fatto di materia filosofico-poetico-letteraria, rapporto con la storia, lascito nella misura di memoria e modernità.
Nel riconfermare che la prossimità tra Leopardi e Pascoli si radica nel tema della fanciullezza “La fanciullezza diventa il luogo poetico da cui attingere immagini strettamente collegate all’idea del lontano e del vago, come fonti di un unico processo immaginativo. La facoltà immaginativa infatti comprende la realtà in maniera indefinita” 2
“Il mito dell’infanzia rimanda alle origini, in forma aurorale, come “penombra dell’anima” che riporta allo stupor mundi prenatale, all’entrata dell’io sulla scena del mondo e alla prima scoperta dell’armonia” 3, Andrea Galgano introduce, proprio in relazione al poeta di San Mauro, il tratto del “puer aeternus” “dunque, che riecheggiando il Fedone di Platone, tenta, attraverso la poesia, di trovare «nelle cose […] il loro sorriso e la loro lacrima; e ciò si fa da due occhi infantili che guardano semplicemente e serenamente di tra l’oscuro tumulto della nostra anima» e come avviene in Tolstoj, di affermare l’infanzia come ideale dell’umanità.” 4
In questo reiterare la fanciullezza, lo “sguardo vedovo” pascoliano configura il mondo d’imprecisione, vaghezza, dissolvenza, trovando in esse “appagamento della vista che non spazia ma si rassicura nella sua cornice campestre, luogo topico della vera poesia e della vita del fanciullino, amante del compiuto e del circoscritto” 5, mentre il vissuto della perdita – comune a entrambi i poeti – è sì il segno del tragico, ma anche il segno di uno sguardo innocente che accosta il divenire quale manifestazione «… dove tutto ciò che accade è “senza perché”» 6 e proietta il sentimento d’infinitudine sulla quale insistono il desiderio, la ricordanza, la caduta delle illusioni come “tensione elementare alla purezza espressiva, vivida nel vedere della poesia, vissuta come disincantata elegia nelle increspature del reale e nell’energia dell’affectus, e che conduce la voce a una sorgiva quanto gratuita domanda di felicità”. 7
Andrea Galgano, Di là delle siepi. Leopardi e Pascoli tra memoria e nido, prefazione di Davide Rondoni, preludio di Irene Battaglini, Roma, Aracne, 2014, euro 18
1 A. GALGANO, Premessa – Di là delle siepi. Leopardi e Pascoli tra memoria e nido cit. pag. 24
2 A. GALGANO, Di là delle siepi. Leopardi e Pascoli tra memoria e nido cit. pag. 65
3 A. GALGANO, Di là delle siepi. Leopardi e Pascoli tra memoria e nido cit. pag. 153
4 A. GALGANO, Di là delle siepi. Leopardi e Pascoli tra memoria e nido cit. pag. 154
5 Cfr. M. BALZANO, L’opera poetica
6 Cfr. E. SEVERINO, Il nulla e la poesia
7 A. GALGANO, Di là delle siepi. Leopardi e Pascoli tra memoria e nido cit. pag. 347