DANUSHA LAMÉRIS THE WATCH RED TIGHTS THE GOD OF NUMBERS

A cura  di Emanuele Emma ed Emanuela Falco.

 

 

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Introduzione

Danusha Laméris è nata da padre olandese e madre caraibica.

E’ cresciuta nella California Bay Area trascorrendo i suoi primi anni a Mill Valley e si è poi trasferita a Berkeley dove ha frequentato la College Preparatory School.

Da quando si è laureata in Arte presso l’Università della California a Santa Cruz ha sempre vissuto lì.

Poetessa, insegnante e saggista, è autrice di “The Moons of August” (Autumn House, 2014), che è stata scelta da Naomi Shihab Nye come vincitrice del premio di poesia Autumn House Press ed è stata finalista del Milt Kessler Book Award.

Alcune delle sue poesie sono state pubblicate in: The Best American Poetry, The New York Times, The American Poetry Review, Prairie Schooner, The SUN Magazine, Tin House, The Gettysburg Review e Ploughshares.

Il suo secondo libro, Bonfire Opera, (University of Pittsburgh Press, 2020), è stato finalista del Paterson Poetry Prize e vincitore del Northern California Book Award in Poetry. Vincitrice del Lucille Clifton Legacy Award nel 2020, è una Poet Laureate della contea di Santa Cruz, in California, co-guida i webinar Poetry of Resilience e la comunità di scrittura Hearthfire con James Crews.

È nella facoltà del programma della Pacific University “low-residency MFA”.

 

 

The Watch

At night, my husband takes it off

puts it on the dresser beside his wallet and keys

laying down, for a moment, the accoutrements of manhood.

Sometimes, when he’s not looking, I pick it up

savor the weight, the dark face, ticked with silver

the brown, ostrich leather band with its little goosebumps

raised as the flesh is raised in pleasure.

He had wanted a watch and was pleased when I gave it to him.

And since we’ve been together ten years

it seemed like the occasion for the gift of a watch

a recognition of the intricate achievements

of marriage, its many negotiations and nameless triumphs.

But tonight, when I saw it lying there among

his crumpled receipts and scattered pennies

I thought of my brother’s wife coming home

from the coroner carrying his rings, his watch

in a clear, ziplock bag, and how we sat at the table

and emptied them into our palms

their slight pressure all that remained of him.

How odd the way a watch keeps going

even after the heart has stopped. My grandfather

was a watchmaker and spent his life in Holland

leaning over a clean, well-lit table, a surgeon of time

attending to the inner workings: spring,

escapement, balance wheel. I can’t take it back,

the way the man I love is already disappearing

into this mechanism of metal and hide,

this accountant of hours

that holds, with such precise indifference,

all the minutes of his life.

L’orologio

 

La sera, mio marito lo toglie

lo posa sul comodino accanto al portafoglio e le chiavi

giace, per un momento, l’occorrente dell’essere uomo.

A volte, quando non guarda, lo prendo

ne saggio il peso, il quadrante scuro, punte d’argento

il cinturino marrone, in pelle di struzzo con i suoi piccoli brividi

premurato come carne risvegliata dal piacere.

Aveva desiderato un orologio e fu grato quando gliene regalai uno.

E dato che siamo insieme da dieci anni

mi è sembrato il momento adatto per regalarglielo

un riconoscimento delle intricate conquiste

del matrimonio, le sue molteplici negoziazioni e i trionfi senza nome.

Ma stasera, vedendolo lì, tra

gli scontrini accartocciati e le monetine sparse

ho pensato alla moglie di mio fratello che tornava a casa

dall’obitorio riportando i suoi anelli, il suo orologio

in una bustina trasparente, a chiusura ermetica, e a come sedevamo al tavolo

svuotando nei palmi delle nostre mani

ciò che rimaneva di lui, la loro leggera pressione.

Quanto è strano il modo in cui un orologio continua a misurare il tempo

anche dopo che il cuore si è fermato. Mio nonno

era un orologiaio e visse la sua vita in Olanda

chino sopra un tavolo pulito e ben illuminato, un chirurgo del tempo

che si occupava dei meccanismi interni: molla,

scappamento, bilanciere. Non posso rimediare

al modo in cui l’uomo che amo sta già scomparendo

in questo meccanismo di metallo e cuoio,

questo contatore di ore

che misura, con così precisa indifferenza

ogni minuto della sua vita.

Red Tights

 

for Maxine

 

When I see my friend’s little girl

in the produce aisle, she beams, “I’m happy.

I have new red tights and a boyfriend!”

We’re standing between the twin peaks

of apples and tomatoes,

light shining off their taut skins.

 

She does not know

that she will spend her whole life

at the mercy of the opening and closing

of the delicate mechanism of her heart.

 

Just this morning, I ran into an old lover.

When he kissed my cheek,

I inhaled his scent and was thrown

back to a time when all we wanted

was to fit completely inside each other’s bodies,

 

something we took as seriously as engineers

contemplating how to land a rocket

on a moon of Jupiter.

And sometimes we succeeded,

and for a moment

the universe seemed to balance

on a fulcrum, the slight wobble

of the earth’s orbit steadied.

 

How loyal the heart is, a stray dog.

Today, when my ex turned and walked

into the crowd, all I could do

was stand and watch

as mine trotted after him

down the long sidewalk.

And then he rounded the corner

and disappeared.

 

Calze Rosse

 

per Maxine

 

Quando vedo la bimba della mia amica

nel reparto ortofrutta, esclama, “Sono felice.

Ho delle calze rosse nuove e un fidanzato!”

Ci troviamo tra le cime gemelle

di mele e pomodori,

la luce opacizza la loro buccia tesa.

 

Non sa

Che passerà tutta la vita

alla mercé dell’aprirsi e chiudersi

del delicato meccanismo del suo cuore.

 

Proprio questa mattina, mi sono imbattuta in un vecchio amante.

Quando mi ha baciato la guancia,

ho inalato il suo profumo e sono stata catapultata

in un tempo in cui l’unica cosa che desideravamo

era avvilupparsi l’uno al corpo dell’altro,

 

una cosa che prendevamo seriamente come ingegneri

che studiano l’atterraggio di un razzo

su una luna di Giove.

A volte funzionava,

e per un attimo

l’universo sembrava stare in equilibrio

su un fulcro, la sottile oscillazione

della stabile orbita terrestre.

 

Com’è fedele il cuore, un cane randagio.

Oggi, quando il mio ex si è girato e si è incamminato

verso la folla, l’unica cosa che ero in grado di fare

era star ferma a guardare

mentre il mio cuore si precipitava verso di lui

sul lungo marciapiede.

Poi girò l’angolo

e scomparve.

The God of Numbers

 

My mother once had a job measuring penises —

penises that belonged to men whose chromosomes

were askew. “The trouble,” she said,

“is that when I went to measure them, they’d grow!”

I picture her pulling a wooden ruler

from a pocket of her white lab coat.

How hard we try to break the world down,

make sense of it. How steadily it resists.

My friend David, an astrophysicist,

had a job counting the clouds of dust around stars,

an assignment that, in my mind,

put him in an echelon of angels

just above the ones who number grains of sand.

There’s something comforting about inventory,

futile as it may be, the act of assessment

itself a form of care. I like to imagine a God

who rises before dawn, takes out the stone tablets,

and starts to tally the individual hairs on each head,

the number of breaths we’ve taken in the night,

who counts the cilia shooting our cells

through the dark galaxies of our bodies

just before he gets back to work

turning out the next tornado

or reaching down to give the tectonic plates

another good, hard shake.

Il Dio Dei Numeri

 

Tempo fa mia madre aveva un lavoro: misurava peni –

peni che appartenevano a uomini i cui cromosomi

erano sballati. “Il problema,” diceva,

“è che quando li andavo a misurare, si ingrandivano!”

Me la immagino tirar fuori un righello di legno

da una tasca del suo camice bianco.

Quanto ci impegniamo per scomporre il mondo,

dargli senso. Come fermamente resiste.

Il mio amico David, un astrofisico,

per lavoro contava le nubi di polvere interstellare,

un compito che, nella mia testa,

lo collocava in uno scaglione di angeli

appena al di sopra di coloro che numerano i granelli di sabbia.

C’è qualcosa di rassicurante nell’inventariare,

per quanto possa essere futile, l’atto di assicurarsi

è in sé una forma di cura. Mi piace immaginare un Dio

che sorga prima dell’alba, tiri fuori le tavole della legge,

e inizi a contare uno per uno i capelli su ogni testa,

il numero di respiri che facciamo ogni notte,

che conti le ciglia che purificano le cellule

nelle oscure galassie dei nostri corpi

poco prima che ritorni a lavoro

provocando il prossimo tornado

o chinandosi per dare alle placche tettoniche

un altro bello scossone.

 

Traduzione di Emanuele Emma ed Emanuela Falco.

Un ringraziamento speciale a Piper Mathews.