Intervista di Sara Ginanneschi, Ufficio Stampa Polo Psicodinamiche
Ai Docenti e agli Allievi della Scuola di Psicoterapia Erich Fromm
Open Day – Prato, Mercoledì 15 Luglio 2015
leggi in pdf ARTICOLO BALINT OPENDAY 15.7.2015
I Gruppi di supervisione alla Balint rappresentano una metodologia collaudata di formazione di gruppo ideata da Micheal Balint, da cui prendono il nome, a partire dalla inclusione del personale sanitario ma non medico nelle strutture in cui veniva praticata.
Creata originariamente per l’addestramento “psicologico” dei medici di famiglia, nasce all’interno di un modello di cura fondato sul rapporto duale curante/paziente, andando incontro ad ampie trasformazioni che hanno consentito di rispondere ai profondi mutamenti che nel corso degli ultimi decenni hanno cambiato il volto dell’approccio al paziente ed alla sua presa in carico, sia dal punto di vista professionale che emotivo.
Nell’ambito della psicologia, il metodo dei gruppi alla Balint si è reso utile nell’indagine della relazione tra professionista e cliente, sull’azione del gruppo come strumento facilitatore del pensiero e sull’apprendimento basato sull’esperienza sul campo e non solo sulla conoscenza teorica.
Alla Scuola di Psicoterapia Erich Fromm i gruppi alla Balint si sviluppano come una situazione gruppale eterocentrata, in cui ogni allievo presenta un caso clinico che sente di voler discutere con i colleghi. Sempre nell’ottica di una Scuola che forma e fa crescere i terapeuti, ma in nessun momento lascia che si sentano da soli in questo percorso che non è solo professionale, ma è profondamente personale, anche il Gruppo alla Balint è un momento di scambio indispensabile.
L’analisi del caso clinico è condotta garantendo il completo anonimato dei pazienti e, così come nell’ambito terapeutico, anche nella stanza del Balint viene totalmente sospeso il giudizio, sul paziente ma anche sul terapeuta in formazione.
Il confronto con gli altri ed i suggerimenti che da essi pervengono, insieme alla guida dei conduttori e docenti della scuola, rende questo momento formativo allo stesso tempo teorico e pratico; il momento ideale per personalizzare in sicurezza il metodo teorico, plasmandolo sulla persona che richiede l’intervento, ma anche sulle caratteristiche personologiche proprie del terapeuta, ferma restando un’attenta e continua valutazione del percorso terapeutico attraverso il raggiungimento di specifici obiettivi pattuiti col paziente.
Moreno racconta di come sta procedendo il caso che ha presentato qualche mese prima al gruppo ed illustra i propri dubbi sulla gestione emotiva di alcuni contenuti emersi; “hai paura di questa situazione?” gli chiede il Dott. Benelli, “si!” risponde lui mentre Lavinia, un’altra terapeuta in formazione suggerisce: “credo che la tua paziente ti faccia sentire controtransferalmente tutto quello che anche lei prova in questo momento”.
Confronto, conforto, guida sul metodo; le possibili strategie terapeutiche da proporre, ma anche il contenimento del proprio vissuto personale è quello che può essere ricercato e che sicuramente viene trovato con i gruppi alla Balint.
Per chi osserva e partecipa senza presentarsi con un proprio caso clinico, acquisisce comunque il vissuto dell’altro, nel quale può sperimentarsi proponendo soluzioni e percependo il vissuto offerto tanto onestamente dal collega; il caso di uno, diventa bagaglio esperienziale di tutti. Non vi è vergogna o paura del giudizio, piuttosto si vedono abbassare tutte le difese superegoiche di chi presenta il caso clinico e la propria esperienza in esso.
“Se ogni gruppo di lavoro è un organismo complesso con cui relazionarsi è una sfida, il Polo Psicodinamiche non fa eccezione. Vi si mescolano diversi livelli di formazione, provenienze spesso eterogenee, e al suo interno si sviluppano contaminazioni, integrazioni, realizzazioni di sogni e progetti” dice Irene Battaglini CEO e coordinatore della Formazione alla Scuola, che continua; “Quel che ci unisce è la consapevolezza di quel gioco nascosto di forze di freudiana memoria, sia nella formazione sia nella psicoterapia. Non è un problema di impostazione o di orientamento, ma di forma mentis: non si può uscire da questo ganglio, bisogna tenerne conto. Riduttivamente, si può pensare che ogni modello abbia le sue peculiarità, ed è scontato; inoltre si può pensare altrettanto intuitivamente che ogni modello alla fine porti alla risoluzione del problema attraverso la relazione. Tuttavia la relazione professionale necessita di una competenza tecnica, che forse può essere “semplificata”, ovvero resa accessibile, ma che deve affondare le proprie radici in un pensiero molto ben strutturato, come viene sviluppato con professionalità nei gruppi di supervisione alla Balint condotti dal Dott. Benelli. Il format offre uno scenario in cui i livelli messi in gioco sono multipli, ma possono essere tenuti relativamente sotto controllo. All’allievo può essere veicolata la competenza a lavorare attraverso se stesso nel caso clinico, non ricorrendo alla drammatizzazione autocentrata, apprendendo tecniche eterocentrate che interpretano anche il ruolo del terapeuta, ovvero che impediscano il dilagare diretto delle istanze controtransferali (che nello psicodramma invece possono essere vissute ed elaborate), con il rispecchiamento del gruppo guidato dal supervisore. Se lo psicodramma offre uno scenario dionisiaco, il gruppo alla Balint esprime il lato apollineo della formazione, senza mai trascurare l’anima-cuore pulsante, il volto emotivo, relazionale, che tiene insieme le due ali della stessa colomba, simbolo non a caso di Anima.”
Nel gruppo vengono illustrate le criticità della gestione del caso ed offerte soluzioni possibili, così come anticipati scenari eventuali: “Moreno, questo l’avevamo previsto da subito!” dice Lavinia, e Moreno illustra al gruppo in che modo questa previsione si è poi realizzata e come ha saputo gestirla sul momento, con tutto il carico emotivo della situazione reale e non più solo immaginata. Ogni situazione viene attentamente analizzata per offrire una valida cornice teorica, etica e deontologica dove il terapeuta in formazione possa essere libero di operare assecondando le proprie intuizioni. “Ogni terapia non è mai uguale, bisogna relazionarsi alla persona in maniera personalizzata sulla base dell’esperienza professionale” dice il Dott. Ezio Benelli e quando questa esperienza non si è ancora maturata, è il gruppo che sopperisce e corrobora i punti di forza attuali. Continua: “Come sosteneva Boris Luban-Plozza, con il quale mi sono formato ad Ascona, l’intervento sanitario in genere – anche se oggi assistiamo ad una certa inversione di tendenza – presta molta attenzione alla malattia e ai sintomi, molto meno alla persona malata, poco o nulla alla relazione col paziente, amplificando il rischio di errori diagnostici e di terapia. Il modello biopsicosociale, che dovrebbe essere integrato con degli insegnamenti di Erich Fromm, richiede al medico e allo psicologo nuove competenze emotive e relazionali, senza le quali il suo lavoro corre il pericolo di diventare inefficace, logorante ed esposto al burn-out. Nel nostro caso, l’acquisizione delle competenze empatiche (emotivo-relazionali) permette al terapeuta in formazione di sviluppare l’ascolto, la relazione, l’attenzione efficace al paziente, attraverso l’affinamento delle tecniche di gestione delle emozioni, anche ampliando la comprensione del punto di vista, del sapere e del saper fare, per andare nella direzione del saper essere negli interventi più complessi.Inoltre addestra al lavoro in equipe, anche multiprofessionale, che al Polo Psicodinamiche è una consuetudine consolidata, e sviluppa consapevolezza, capacità di affrontare l’ansia e di gestire le difese. Si tratta quindi di alimentare il benessere lavorativo a vari livelli”.
Un po’ di storia
La formazione mediante la tecnica dei “Gruppi Balint” è una pratica di derivazione psicoanalitica che consiste nel frequentare attivamente un gruppo composto da 8/12 medici e condotto da uno psicoanalista o da un Medico formato alla conduzione dei Gruppi Balint.
Uno dei motivi della celebrità di Balint (Micheal Balint nella foto a sinistra, 1896 –1970, Psicoanalista ungherese, patrocinatore della Object Relations School) è l’invenzione di una specifica tecnica di formazione, poi denominata “Gruppo Balint”, attraverso la quale si proponeva di migliorare le capacità dei medici di utilizzare con i pazienti la relazione interpersonale come fattore terapeutico.
Balint e sua moglie, per oltre 5 anni, lavorarono con gruppi composti da 8-10 medici, basandosi su due ipotesi principali:
• il medico stesso è il farmaco principale che viene somministrato al paziente,
• nel rapporto tra paziente e medico si possono produrre sofferenze ed irritazioni inutili, che Balint si è reso conto essere evitabili laddove il medico divenga maggiormente in grado di ascoltare e comprendere ogni paziente nella sua singolarità, entrando in relazione con lui in modo più consapevole del fatto che anche la loro relazione è parte sia dell’atto diagnostico sia dell’atto di cura.
Secondo Balint, un incontro tra colleghi durante la propria attività, poteva favorire sia un momento di condivisione dell’esperienza, sia un sostegno psicologico reciproco. Ma lo specifico obiettivo del percorso formativo mediante il “Gruppo Balint” è quello di un lavoro su di sé, da parte di ciascun medico, per arricchire e potenziare i versanti terapeutici della sua personalità di curante.