di Andrea Galgano 22 marzo 2022
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Il mondo di Vicki Feaver è un’esplosione esplorata di pienezza. Lo è nella sua poesia, La fanciulla senza mani, ispirata alla fiaba dei fratelli Grimm e alla fiaba russa, per cui una fanciulla senza mani, appunto, tagliate dal padre, ricrescono, quando protende le braccia in un fiume per salvare la sua bambina che rischiava di annegare.
Ora che La fanciulla senza mani e altre poesie[1], viene pubblicata da Interno Poesia, a cura di Giorgia Sensi, questo mondo, in cui scrittura e opera restano intrecciate, restituendo un profumo saliente e puro di desiderio e fertilità.
La sapidità ricolma è una raffigurazione feconda, in cui il respiro germoglia e stringe il tormento e il recupero dei detriti, del pianto, di ciò che fatica ad emergere:
«Non i fiori che gli uomini danno alle donne – / fresie dal profumo delicato, / rose rosse altezzose, garofani / dai colori degli abiti delle damigelle di nozze, / fiori quasi senza linfa, / che si seccano e sbiadiscono – ma fiori / che appassiscono sullo stelo / tagliato, foglie che anneriscono / come bruciate dagli enzimi / del nostro fiato, / che marciscono viscide / e dobbiamo raschiare via dall’orlo / del vaso; fiori che esplodono / da gemme chiuse, che si irradiano / come il sole che illuminava / il sentiero della montagna di Tracia, / che noi intrecciavamo ai capelli, / calpestavamo nella foga del ballo, / che ci ricordano che siamo assassine, / capaci di strappare via dalle spalle / la testa degli uomini; fiori che ancora / portiamo in casa di nascosto e con vergogna, / e ci strofiniamo braccia e seno e gambe / con le calde frange arancio, / l’odore del desiderio».
Giorgia Sensi scrive:
«Benchè Vicki Feaver avesse deciso di voler diventare poeta fin da bambina, il suo percorso creativo non è stato immediato né facile. Lei stessa confessa, in una intervista diventata ormai celebre, che nelle prime poesie aveva cercato di reprimere i suoi sentimenti più forti, la sua aggressività, fino a quando un giorno sentì i suoi studenti descriverla come “such a nice woman”, una signora molto carina, molto a modo. Da allora si è coraggiosamente liberata dalle proprie inibizioni, non ha nascosto il lato oscuro di sé, creando o ricreando figure femminili memorabili, donne in cui convivono emozioni estreme, contrastanti, donne consapevoli del proprio potere, capaci di amare e uccidere, di uccidere in nome dell’amore».[2]
La dimensione favolistica, sensuale e deistica («perché nelle sue fantasie / le ragazze si svestono – scoprendo il collo e / le spalle bianche, i seni dai capezzoli scuri e rosati, / il nido scuro tra le gambe – / tra le canne, sotto la luce giallo-grigia / dei salici»), il tempo della quotidianità lucente, proteso alla sensibile voluttà e ripreso nel semplice gesto dello stirare («E ora ho ripreso a stirare: spruzzo / scure gocce d’acqua sulla seta / sgualcita, m’introduco nelle maniche, giro intorno / ai bottoni, respiro l’odore caldo dolce / che il metallo rovente produce sul tessuto fresco / di bucato, finché l’azzurro della camicetta / asciutta non è lucido, levigato, / una forma lieve, spaziosa in cui infilare / braccia, petto, polmoni, cuore») o della gelatina di mele selvatiche, che riproduce lo stesso processo creativo e di idee, molto prima della scrittura o della narrazione e si riappropria del colore del fuoco, che sembrava perduto.
La domesticità scrutata da Vicki Feaver imprime l’incisione del particolare, la profondità sacrale del rito antico e presente, come un nido, un canto o un giorno in palestra, la crepa scomparsa e riapparsa, i riflessi di una natura viva, che nasce in ogni istante come un letto di foglie o un dono di fiato, la violenza e la passione del mito (Giuditta e Oloferne), fino al desiderio di approdo, prima di ogni gettatezza:
«Così alla fine feci rotta / per le acque turbolente / oltre la baia; / e per tutta la notte – / livida, gemente – / navigai. / E ora, in questa calma mattinata, / guardo giù in un bacino vitreo, / dove sfrecciano le parole / venate d’oro e d’argento / e galleggiano / morti dalla bocca spalancata / e dove i detriti / sono così familiari – / oggetti che una volta possedevo / gettati qui / da un oceano premuroso / per rendere accogliente l’approdo».
In The Book of Blood, Feaver riscrive alcune fiabe, come quella del principe ranocchio o del sogno di infanzia, vermiglio scarlatto, di Cappuccetto Rosso, di Cenerentola che si rotola nella cenere, della superficie del sole che tocca passato e presente, della vendetta di Medea, di Blodeuwedd, donna di fiori che uccide il marito e viene trasformata in uccello notturno che vaga, del sangue raggrumato della memoria.
La memoria stessa diventa un tempo arioso di pienezza, le cose si vedono per la prima volta, appartengono al suo mondo che diviene universale, a volte spezzato o franto, altre volte una marea che rovescia la terra piatta o le farfalle blu dei baci a mezz’aria.
In I Want! I want!, tratto da un’incisione di William Blake, la narrazione si svolge nella parabola esistenziale prima e vitale poi di Vicki: il triciclo, la casa con un pergolato di rose, il sogno delle streghe, l’amore per le cose ferite, la fusione dei legami e i conflitti familiari, l’ombra e il ghiaccio, fino al bruciore dei baci feroci del tempo di donna, la sopravvivenza e il dolore, come una preghiera inascoltata.
Una creaturalità fragile e solenne, un tempio di bellezza visitata:
«hanno profumato la cucina / per tutto il periodo natalizio / fino a Capodanno. / Sopravvissute agli odori / e vapori dell’arrosto, / hanno dischiuso i petali / dall’intenso rosso rubino / di vecchi sipari di velluto / per rivelare un labirinto / di ombrosi crepacci. / I petali si arricciano / e scuriscono ai bordi ora, / ma lo spettacolo non è ancora finito. / Come attrici attempate, / che recitano finché non schiattano, / una esibisce una vena vagante / di giallo canarino, un’altra / un cespuglio di stami dorati» (Le rose che mi hai dato).
Feaver V., La fanciulla senza mani e altre poesie, a cura di Giorgia Sensi, Interno Poesia, Latiano (Br) 2022, pp. 188, Euro 15.
[1] Feaver V., La fanciulla senza mani e altre poesie, a cura di Giorgia Sensi, Interno Poesia, Latiano (Br) 2022.
[2] Sensi G., Prefazione, in Feaver V., cit., p. 6.