2020.03.11 Il pensiero del giorno

di Guido Rutili

11 marzo 2020

leggi in pdf 2020.03.11 MOPP

Il mondo infetto (non infettato, badate bene) ci guarda di sbieco, pronto a colpirci.
Noi umani adulti, per la gran parte involuti, porgiamo la difesa estrema di cui siamo capaci:
torniamo bambini.

Tutti regrediti, ci scansiamo coi lucciconi, ci rivolgiamo al babbo clemente, che sia il capo o il direttore, il professore o il proprietario, ci atteniamo, ci attendiamo, timidi e rossi, indifesi, tremanti.
La fila davanti alla farmacia, le mani spellate dal disinfettante; la mascherina? Forse no, non lo sappiamo.

Quando eravamo in mania, presi dal fremito del carrierismo, finalizzato alla spesa senza filtri della domenica commerciale, serviva realizzare la prospettiva hollywoodiana della pandemia
zombificante, per compiere, da manuale, l’atto masochistico sintomatico.
Dall’inconscio collettivo giungeva un messaggio chiaro: “tornate a credere in me, invece di reificarvi in bozzoli illusori” ma non lo ascoltavamo difendendoci, razionalizzando e nascondendo,
rimuovendo e negando: “la psiche è una sciocca trovata novecentesca, facciamo finta che sia l’antagonista del pensiero scientifico e lasciamo alla pellicola la traccia intuìta!”

Però, qui ed ora, se torniamo tutti piccoli, disconfermare Freud diventa fastidiosamente difficile.
Dire che Jung o Toni Wolff, che parlavano di scienza collocandola su un punto qualsiasi dell’asse natura-cultura, erano sciocchi visionari, sembra eretico.

La psiche, cioè pensiero e non-pensiero (chiamarli conscio e inconscio mi pare ancora potenzialmente traumatico), torna alla ribalta e ci dice che la carne è una parte, ma solo una.

Presi dalla regalità del nuovo, nessuno ha dato nome al vecchio morbo appena descritto, perché al microscopio non si vede; voglio darglielo adesso io, “Mania Ossessivo-Paranoidea dell’atto Pratico”, MOPP.

Non mi interessa indugiare sul fatto che il MOPP abbia trovato terreno fertile in categorie di individui specifiche, con netta prevalenza nella fascia d’età che va dai 14 ai 60 anni circa; magari su
questo potremmo discutere in separata sede.

Vorrei invece focalizzare sulle categorie immuni da MOPP, scremando i bambini e i ragazzi, che pur non presentando sintomi, sono divenuti portatori sani.

Rimane una sola opzione.

Riflettiamo su una cosa: dell’umanità, ora confusa e manipolata da sé stessa, fa parte (e rimane in disparte) una categoria illustre, insignita e meritoria del più alto grado possibile: gli anziani.

Eroi, nemici della superficialità, pochi detentori dei valori non ancora liquefatti, lenti, sapienti, ricolmi di vita, ricchi, preziosi, scuotitori compulsivi di testa nel guardare l’operato dei nuovi arrivati.

Anziani.

Gli artefici più inoperanti.

L’immagine presente del futuro auspicabile.

Nelle culture ancestrali una barba bianca ha sempre destato rispetto ed è sempre stata capace di indurre la calma-consapevolezza, qualità ben nota ai seguaci taoisti. Il grembo della grande
vecchia è sempre stata la sede per la più grande elaborazione, figlia dell’abbandono conferito e necessario: non possiamo aver perso del tutto il significato più intimo di “rispetto”.

Il MOPP, all’acme della sua corsa, pochi mesi fa ha eseguito ciò che l’assioma di natura gli imponeva, cioè ha mutato per adattarsi: se qualcosa lo separava dal dominio totale, ha pensato di eliminarlo.

Rieccoci al Covid, al suo tocco mortifero sugli over 60, alla possibilità d’intervento che ci è data.

Sono forti, i grandi vecchi, hanno dalla loro la pratica della non-azione, ma non sono indistruttibili: se ci risvegliamo presto, possiamo aiutarli e subito dopo ritrovarli nella loro splendente totalità.

Non è solo per loro che va fatto, ma per ciò che rappresentano: la chiave!

Dato che la svista del MOPP, non contemplata dalla sua mutazione, è l’induzione nella regressione allo stato infantile, sfruttiamo questo mezzo e rivolgiamoci ai nostri nonni (non fisicamente, per
l’amor di Dio: che gli abbracci vengano tenuti per il futuro!).

Tra le altre cose, loro l’inconscio non l’hanno mai perduto: l’hanno conservato per noi nelle soffitte che ci meravigliano, piene di magnifiche cianfrusaglie ed oggetti sublimi, nell’attesa che
avessimo l’età per prendere la scala e raggiungerle. Non tentennano se chiamati all’atto d’amore, poiché ne comprendono l’abissale essenza.

La vita apocalittica di questi giorni, per chi alla carne bada decisamente poco (poiché ne percepirebbe meglio gli acciacchi) vede questi illustri esseri umani come presenze fantasmatiche: i
più, come ogni maestro di vita, si sentono in colpa per inadempienza. Niente nipoti, niente fatiche per i figli, niente possibilità di elargire borse traboccanti di cibo e di beni necessari a inverni che
per quanto infiniti verrebbero sconfitti.

Che un elogio dell’anzianità, capace di diventare auspicio di ritrovata profondità psicologica per ognuno di noi, ci pervada come un fluido e ci renda capaci di prendere, a questo bivio, la strada giusta